Parrocchia San Francesco d'Assisi
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OBBEDIENZA

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Messaggio  ROSANNAELISABETTA Lun Mag 12, 2008 12:48 am

GESù è STATO OBBEDIENTE FINO ALLA MORTE DI CROCE NEI CONFRONTI DI DIO PADRE , scratch MA MI CHIEDO FIN DOVE DEVE SPINGERSI LA NOSTRA OBBEDIENZA TRA DI NOI COMUNI MORTALI? Question Question Question


No No No confused
OBBEDIRE NON PENSO SIGNIFICHI ANNULLARE IL PROPRIO PENSIERO, LE PROPRIE IDEE, SOPRATTUTTO SE SONO SULLA STRADA GIUSTA ;
OBBEDIRE NON SIGNIFICA ESSERE VITTIMA DI ABUSI DI POTERE;
OBBEDIRE NON SIGNIFICA CHINARE IL CAPO ANCHE DINANZI A CHI NON HA CAPITO NULLA DI CAMMINI, FRATERNITà ED è INVAGHITO/A SOLO DI FAR VALERE LA PROPRIA CARICA A TUTTI I COSTI.
OBBEDIRE NON PUò SIGNIFICARE METTERE DA PARTE LA VITA FAMILIARE, LA PRIMA CHIAMATA VOCAZIONALE. Crying or Very sad

PUò DARSI CHE MI SBAGLIO Rolling Eyes confused confused PER QUESTO CHIEDO UMILMENTE IL VOSTRO AIUTO Sad

FRATELLINI E SORELLINE DATEVI DA FARE APRITE UN VARCO DI LUCE VI PREGO NE HO BISOGNO. Embarassed
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OBBEDIENZA Empty Obbedienza

Messaggio  nikola Francesco Lun Mag 12, 2008 9:41 pm

1° quello di pensare che le proprie idee possano essere sulla strada giusta è un po presuntuoso perchè per noi possono essere giuste ma per altri no
2° Obbedire significa dire di si a qualsiasi cosa e di conseguenza chinare il capo e dire di si a chi è gerarchicamente sopra di noi
3° chi è gerarchicamente sopra di noi può anche non avere capito nulla di cammini e o fraternità cio nonostante non siamo noi a doverlo stabilire quindi intanto si deve obbedire che ci piaccia o no
tutto questo per me, che ho a che fare giornalmente con dei superiori è normale anche se a volte obbedisco controvoglia ( avere a che fare con i CC non è semplice)

infine abbiamo un'altra possibilità intanto dici di si poi si vede

Un ultimo consiglio consultare le F.F dove di materiale e risposte ne avrai a volontà
ciao!!


Ultima modifica di nikola Francesco il Mer Mag 14, 2008 1:02 am - modificato 1 volta.
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OBBEDIENZA Empty topic sull'obbedienza

Messaggio  Fabio Mar Mag 13, 2008 10:15 am

Ho diviso questi messaggi dal precedente topic per per consentire una più immediata individuazione agli altri utenti degli interventi sull'OBBEDIENZA e per dare la possibilità, a tutti coloro che lo vogliano, di intervenire.
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OBBEDIENZA Empty Re: OBBEDIENZA

Messaggio  Fabio Mar Mag 13, 2008 2:47 pm

L'obbedienza è un argomento che mi è stato sempre a cuore (e chi mi conosce bene, lo sà) perchè lo ritengo condizionante all'interno di un percorso francescano, ma si può prestare a vari tipi di interpretazione che non sempre portano a buoni risultati.
Personalmente (e non solo) ho sempre ritenuto l'obbedienza come un'OBBEDIENZA INTELLIGENTE dove il primo ad essere obbligato è proprio colui che chiede l'obbedienza. Chiedere l'obbedienza è già di per se stesso un atto di grande responsabilità che grava sul superiore perchè in quel momento afferma "Quello che ti stò chiedendo è conforme a ciò che vuole Gesù e a ciò che è indicato nella regola di San Francesco e a ciò che è meglio per la Fraternità".
Ditemi chi di voi prenderebbe alla leggera un'affermazione del genere! Chi avrebbe il coraggio di farla a cuor leggero, senza pensarci molto attentamente!
Proprio partendo da questo, accettare o meno un'obbedienza presuppone, anche da parte di chi questa obbedienza deve metterla in pratica, un'identica consapevolezza della radice fondante dell'obbedienza stessa.
Il problema non è se chi mi stà di fronte è più o meno preparato nel cammino o nella teologia, ma se noi siamo in grado di poter affermare che questo comando ricevuto "non sia conforme a ciò che ci chiede Gesù, a ciò che è indicato nella regola di San Francesco e a ciò che è meglio della fraternità".
E' troppo comodo dire che il parroco, o chi per lui, "ha sbagliato a chiedere l'obbedienza"!
Al contrario, invece, presuppone un'attenta analisi di coscienza, che può essere portata a buon fine solo con grande umiltà e con grande maturità interiore che, purtroppo, non sempre vedo all'interno della nostra fraternità.

8. L'OBBEDIENZA CARITATIVA

25. I fratelli e le sorelle, sull'esempio del Signore Gesù che depose la sua volontà nella volontà del Padre, si ricordino che per amore di Dio hanno rinunziato alla propria volontà.

In tutti i capitoli che tengono cerchino in primo luogo il regno di Dio e la giustizia, e si esortino vicendevolmente a osservare meglio la regola che hanno professato e a seguire con fedeltà le orme del Signore nostro Gesù Cristo.

Non esercitino potere o dominio soprattutto fra di loro, ma in ispirito di carità
volontariamente si servano e si obbediscano a vicenda.

Tale è la vera e santa obbedienza di nostro Signore Gesù Cristo.

26. Siano tenuti ad avere sempre uno di loro come ministro e servo della fraternità e a lui obbediscano fedelmente in tutto ciò che hanno promesso al Signore di osservare, purché non sia contrario all'anima e a questa regola.

27. Coloro che sono ministri e servi degli altri li visitino e li ammoniscano con umiltà e carità e li confortino.

E dovunque siano dei fratelli e sorelle che fossero convinti di non poter osservare spiritualmente la regola, hanno l'obbligo e il diritto di rivolgersi ai propri ministri.

I ministri li accolgano con carità e benevolenza e dimostrino tanta familiarità verso di loro che quelli possano parlare e comportarsi con essi come fanno i padroni nei riguardi dei servi, infatti così deve essere, che i ministri siano i servi di tutti.

28. Nessun si appropri di alcun ministero; ma, giunto il tempo stabilito, ognuno lascerà volentieri il proprio incarico.
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Messaggio  eustochia Mar Mag 13, 2008 3:07 pm

FRANCESCO CI PRESENTA TRE VOLTI DELL'OBBEDIENZA" VERA,CARITATIVA E PERFETTA. L'OBBEDIENZA VERA,SOSTIENE FRANCESCO,E' CHE QUALUNQUE COSA FACCIA IL FRATELLO,PURCHE' NON SIA CONTRARIA ALLA VOLONTA' DEL SUPERIORE E NON SIA UN MALE, . PERCHE' L'OBBEDIENZA "VERA",COSTRINGE IL MINISTRO A UN SIGNIFICATIVO CAMBIAMENTO DI MENTALITA' ,PER DARE AI FRATELLI "FIDUCIA". LA VERA OBBEDIENZA E' ESPRESSIONE DI UN CLIMA FRATERNO,FATTA DI RECIPROCA FIDUCIA. FRANCESCO SOGNA UNA FRATERNITA' DI PERSONE CHE HANNO FATTO LA SCELTA DI VIVERE NELLO SPIRITO DONANDOSI L'UN L'ALTRO. OBBEDIENZA CARITATIVA, ANCHE QUI FRANCESCO INTENDE UNA FRATERNITA' CHE NON POGGI SU LOGICHE GIURIDICHE , A CHI TOCCA RINUNCIARE, O QUAL'E' L'IDEA MIGLIORE, MA VIVERE INSIEME NON NELLA CONTINUA RICERCA E RIVENDICAZIONE DEI PROPRI DIRITTI ,MA IN UN CONTESTO DI AMORE UBBIDIENTE . PER FRANCESCO AMARE VUOL DIRE SCEGLIERE A CHI OBBEDIRE . L'ULTIMA E' OBBEDIENZA PERFETTA, CHE SI INTENDE NON COME UN TOTALE ANNULLAMENTO DELLA PERSONA ,PERCHE' LA COMUNIONE TRA I FRATELLI NON DEVE ESSERE CON UN PENSIERO UNICO, IL MASSIMO DELLA COMUNIONE E' IL MASSIMO DELLA DIVERSITA'. L' AMORE UNISCE NONOSTANTE LE DIVERSITA',,METTERE COME FONDAMENTO DELLA FRATERNITA' L'OBBEDIENZA VERA, CARITATIVA E PERFETTA SIGNIFICA UGUAGLIANZA NELLE DIVERSITA'.COMPITO DI OGNI MINISTRO E' ESSERE CUSTODE DELLE RELAZIONI FRATERNE, QUINDI ATTENZIONE VERSO TUTTI, E ACCOMPAGNAMENTO DEI PROCESSI DI MATURAZIONE UMANA E SPIRITUALE DELLA FRATERNITA'.PERCHE' SE L'UBBIDIENZA E L'AMORE SI PROTEGGONO VICENDEVOLMENTE ,ALLORA FRA CHI COMANDA E CHI UBBIDISCE SI INSTAURA UN RECIPROCO PRENDERSI CURA.FRANCESCO PROPONE UNA FRATERNITA' NEL SEGNO DELL'UGUAGLIANZA E DELL'AMORE MATERNO. LEGGENDO CIO' FRANCESCO MI PARLA CHE UN AMORE CHE NON E' LIBERO " NON E' VERO."

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Messaggio  eustochia Mar Mag 13, 2008 4:32 pm

PROVIAMO AD AMARCI UN PO' DI PIU', E TUTTO SARA' PIU' SORRIDENTE, PERCHE' INSIEME SI SUPERERANNO MOLTE DIFFICOLTA' , SOLO L'AMORE RIESCE AD ABBATTERE I MURI CHE L'UOMO PONE DAVANTI A SE.. DISCUTIAMO, ARRABBIAMOCI ,MA FACCIAMO TUTTO TENENDOCI PER MANO.....

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Messaggio  Sara Antonio e Francesco Mar Mag 13, 2008 6:48 pm

Nel momento in cui abbiamo scelto di professare l'obbedienza abbiamo liberamente acconsentito a che Dio stesso scegliesse ciò che è più giusto per noi. Noi obbediamo a Dio non per caso o perchè ci sia sempre una logica(in tal caso obbediremmo a noi stessi) ma perchè in qualche modo abbiamo sperimentato che SOLO LUI è buono e retto e vuole la nostra felicità. Lui che tutto vede e tutto sa vedrà anche la nostra sofferenza a mantenere questo proposito evangelico e ce ne darà presto la ricompensa. MANTENIAMO LA PACE. Jacopa

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Messaggio  ROSANNAELISABETTA Mer Mag 14, 2008 12:44 am

GRAZIE DI CUORE AI CONFRATELLI CHE HANNO RISPOSTO. flower

CMQ A PARTE CHE AFFRONTARE LE PROVE E RIMANERE IN PERFETTA LETIZIA CI è STATO RICORDATO PROPRIO IERI SERA, PENSO SIA LO STESSO DAVVERO DIFFICILE.

IN MERITO ALL'OBBEDIENZA BISOGNA SEMPRE TENERE PRESENTE PERò CHE DINANZI A NOI C'è SEMPRE LA LIBERTà E LA DIGNITà DEGLI ALTRI DA RISPETTARE, E NON BISOGNA ABUSARE MAI SUGLI ALTRI NEMMENO E SOPRATTUTTO PSICOLOGICAMENTE. DOPOTUTTO ANCHE DIO CI LASCIA LIBERI DI AGIRE NELLA NOSTRA VITA, CI CONSIGLIA MA NON CI COSTRINGE.

INOLTRE DIRE DI SI , QUINDI OBBEDIRE, E POI FARE LO STESSO DI TESTA PROPRIA No NON LO CONDIVIDO MI SEMBRA UNA PRESA IN GIRO. clown

BISOGNA ESSERE COERENTI,... GESù CI DICE IL VOSTRO PARLARE SIA SI SI OPPURE NO NO... PENSO CHE LE FINZIONI E LE MASCHERE NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI NON SIANO COSTRUTTIVE E CHE A VOLTE è PROPRIO NECESSARIO SCHIERARSI ANCHE A RISCHIO DI SBAGLIARE E CON LA CONSAPEVOLEZZA DI ASSUMERSI LE PROPRIE RESPONSABILITà.

CMQ IN CONCLUSIONE MI RITIRO IN silent E TROVERò RISPOSTA IN FONDO AL MIO CUORE FACENDO UN SERIO E APPROFONDITO ASCOLTO.

UN BACIO A TUTTI. PACE E BENE. cheers
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Messaggio  nikola Francesco Mer Mag 14, 2008 1:17 am

Tutto quello cheè scritto qua sotto l'ho trovato su internet penso che sia abbastanza chiaro ed interessante study

OBBEDIENZA
PREMESSA

In un clima come quello odierno parlare di obbedienza può suonare strano se non addirittura odioso. Com’è mai possibile conciliare l’esigenza forte di autorealizzazione, di pienezza, di appagamento con l’assoggettamento ad una autorità, con l’obbedienza ai dettami di qualcun altro? È fuorviante ricercare nella dipendenza giovamento e utilità per la mia vita?

Prima di affrontare il discorso nell’ottica della fede è opportuno fare un breve accenno alla nostra condizione di uomini
Vi è un’obbedienza fondamentale che ogni uomo è chiamato a fare alla propria storia, alle proprie origini, al proprio corpo, alla propria famiglia, insomma a una serie di situazioni e persone, tempi e luoghi, eventi e condizioni che l'hanno preceduto, fondato, e su cui egli non ha avuto alcuna presa o possibilità di scelta e di decisione. Si tratta dei bagagli che la nascita fa trovare già pronti a chiunque viene al mondo e che lo accompagneranno nel cammino dell' esistenza. Non possiamo decidere noi ma ci troviamo catapultati in situazioni che dobbiamo affrontare volenti o nolenti.
C’è un limite presente nella vita dell’uomo e questo è la sua finitezza. Non possiamo tutto. Dobbiamo accogliere e accettare anche quello che non possiamo comandare.

Un credente legge questa obbedienza come «creaturale» e vi riconosce quell’accettazione dei limiti che è costitutiva della creatura di fronte al Creatore e che consente all'uomo di diventare uomo fuggendo la tentazione della totalità, cioè di ergersi a Dio.
Il senso del racconto genesiaco della proibizione di mangiare i frutti dell' albero della conoscenza del bene e del male è esattamente questo: l'uomo è uomo nella misura in cui non ambisce il tutto. Il limite, il finito è l'ambito della sua relazione con Dio.

PERICOLI

Si possono riscontrare due tendenze che non aiutano a dare una giusta visione dell’obbedienza.
Da una parte c’è l’istanza forte dell’uomo moderno che ritiene l’autonomia un grande valore. Questo valore può diventare talmente grande da far andare in secondo piano qualsiasi dipendenza. L’obbedienza è in fondo un “male necessario” e sopportato in vista di alcuni “obiettivi sociali” (quali ad es. l’educazione, la convivenza pacifica...). Rimane però in fondo sempre il desiderio di accantonarla del tutto anche se non è possibile.
Dall’altra c’è il pericolo di annientare la propria volontà ritenendo che l’obbedienza “cieca” ad una autorità istituita da Dio garantisca uno stato superiore. Il perfetto credente, secondo questo modo di intendere, restringe l’obbedienza alla semplice esecuzione della volontà di un altro pensando che attraverso di essa si arrivi con certezza al volere di Dio.

Allontanati i due estremi rimane la necessità di obbedire, necessità che si radica nella nostra finitezza. All’uomo della Genesi viene chiesta l’obbedienza per una vita piena ma egli, desiderando andare oltre il suo limite creaturale per eguagliare con le proprie forze la condizione divina, disobbedisce. L’illusione è quella di bastare a se stesso. Dio, invece, propone all’uomo la sua alleanza per un cammino in amicizia con Lui.

In questo clima amicale l’obbedienza dell’uomo presuppone la totale benevolenza di Dio nei suoi confronti. È il Dio che ama e nutre le sue creature, che vuole il bene dell’uomo. Perché obbedire? Perché mi fido di qualcuno che mi vuole bene e che me lo ha dimostrato.
Perché il bambino può ascoltare l’invito della mamma a non fare una certa azione anche se non l’ha ancora sperimentata? Perché crederle quando dice che mettere la mano sul fuoco fa male? La fiducia nasce dall’amore che si sperimenta, dalle attenzioni che si ricevono. Così è anche con Dio. Ma per conoscerlo, per sperimentare la sua azione nella nostra vita dobbiamo iniziare ad ascoltarLo, a prestare attenzione a ciò che deve dirci.

L’obbedienza significa etimologicamente “ascoltare da sotto” (hypakouo) quindi in atteggiamento subordinato, da dipendente. Ascoltare è l’atteggiamento attivo della persona e del popolo dinanzi a Dio che si rivela gradualmente nella parola, nel messaggio. “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai” (Dt 6,4-7);
“Ascoltate, popoli tutti, porgete orecchio abitanti del mondo, voi nobili e gente del popolo, ricchi e poveri insieme” (Sal 49,2).
L’ascolto poi se è vero diventa produttivo ed alimenta la fede. Dice S. Paolo: “La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo” (Rm 10,17). Colui che accoglie la parola di Dio supera il proprio egoismo e si incammina verso l’amore pieno che è “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà...” (Gal 5,22).


Ultima modifica di nikola Francesco il Mer Mag 14, 2008 1:21 am - modificato 2 volte.
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Messaggio  nikola Francesco Mer Mag 14, 2008 1:18 am

GESÙ
“Io sono la via, la verità e la vita” dice Gesù. Ciò significa che Lui rimane sempre il nostro termine di paragone.
Il
rapporto con la volontà del Padre è determinante nella vita del
Nazareno. “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e
compiere la sua opera” (Gv 4,34) dice Gesù ma questa è anche la grande
sfida sua e di tutti quelli che desiderano ricalcare le sue orme. Ogni
credente è convinto che fare la volontà di Dio sia la strada più
appagante. Non è però scontato arrivare a comprenderla. Il Padre è il
Dio nascosto, misterioso (cfr. Is 45,15) che ci invita a scoprirlo
senza darci mai la certezza di avere trovato la sua volontà.
Gesù
è l’inviato del Padre, il Figlio prediletto (cfr. Lc 3,22) ma ciò
nonostante per capire la sua missione deve rivolgersi costantemente a
Lui. Compiere il volere del Padre è la mèta di ogni credente e a
maggior ragione di Gesù ma la comprensione, anche per lui, non è stata
facile. La sua vita ci palesa questa difficoltà.
Non ha potuto
affidarsi a consiglieri umani, ai parenti che il più delle volte non
l'hanno compreso, o alle autorità religiose che l'hanno solo
osteggiato, né agli amici. Se egli si fosse attenuto ai consigli,
taciti o espressi, del Battista, o si fosse rimesso ai suggerimenti dei
benpensanti del paese, o avesse aderito ai propositi di Pietro, avrebbe
eseguito la volontà degli uomini non quella del Padre che ha dovuto
invece scoprire lentamente nella preghiera, nell’assiduo ascolto della
sua parola, e attraverso i suggerimenti dello Spirito, ardui a
comprendersi e sempre facili a essere fraintesi (v. le «tentazioni»).
Gesù
non ha trovato la volontà di Dio formulata in alcun libro o regola di
vita, né nelle norme o proposte di qualche maestro spirituale, ha
dovuto al contrario scoprirla con le sue forze ed è stata l'ansia di
tutta la sua esistenza, fino all'ultimo anelito. Nel Getsemani il
conflitto tra le sue personali vedute e quelle che gli venivano
segnalate è stato lacerante; sul Golgota mentre sta soccombendo davanti
ai nemici gli sembra di aver persino sbagliato strada, ma non pretende
di aver ragione, si rimette umilmente alle decisioni superiori del
Padre e morendo abbandona nelle sue mani il proprio spirito (Lc 23,46).
La
condizione terrestre di Gesù è stata del tutto singolare; invece di
presentarsi come un «signore» ha preferito, ha dovuto (in questo senso
è accettazione del volere del Padre) preferire lo stato (l'habitus) del
comune uomo, addirittura del servo, soggetto ad angherie e soprusi di
ogni sorta ed egli l'ha accettato senza ribellarsi, con rassegnazione.
Davanti ai soldati, ai giudici, ai carnefici avrebbe potuto difendersi,
ha preferito tacere, subire, dando esempio di cieca fiducia, di totale
abbandono nella volontà del Padre, che riteneva nonostante tutto dalla
sua parte. Se egli non interveniva a difenderlo, né gli suggeriva vie
di scampo voleva dire che doveva lasciare il corso agli eventi poiché
quello era il suo volere.
Gesù è rimasto fedele alla sua missione
nonostante le insorgenze contrarie che salivano dal suo animo; ha
accettato il cammino che gli è stato segnalato fino in fondo,
nonostante gli insuccessi da cui era connotato, in spirito di fede e di
ubbidienza, ma non è stata ubbidienza monastica perché non si rapporta
a particolari intermediari, ma a Dio stesso a cui tutti gli uomini
volenti o no sono tenuti a conformare le proprie decisioni e scelte.

Gesù,
occorre sempre tenerlo presente, non ha delegato a nessuno la ricerca
della volontà del Padre, non ha rimesso questo suo personale compito a
intermediari d'ufficio o liberamente costituiti, ma l'ha rilasciato
alla propria coscienza, illuminata dalla parola di Dio, dallo Spirito
che gli giunge direttamente e tramite quanti ne sono informati al pari
di lui. Si porta nella sinagoga, nel tempio, si ritira nel deserto,
sempre per conoscere la volontà del Padre, che non legge in nessuna
circolare, ma deve scoprire giorno per giorno con difficoltà,
titubanze, insicurezze. Anche per questo trascorre notti intere nella
solitudine e nella preghiera. La convinzione chiara, inequivocabile di
averla scoperta, compresa non giunge mai. Le tentazioni, la prova del
Getsemani, il grido dall' alto della croce stanno a indicare che il
compimento della volontà del Padre è stata la grande gioia ma anche il
continuo assillo dell'intera sua vita. E in questa ricerca per scoprire
e capire la voce dello Spirito che gli parla dentro, ha trovato solo
ostacoli soprattutto da parte di coloro che si vantavano di essere
«rappresentanti» di Dio.
Il dialogo con Dio è difficile, misterioso
ma è insostituibile. Non vi sono che palliativi al suo posto. Quando
l’uomo cessa di interrogare Dio e lo sostituisce con intermediari di
occasione, ha smarrito il suo sentiero, ha tradito la sua coscienza
preferendo la pigrizia, il disimpegno alla propria personale
responsabilità.
FRANCESCO D’ASSISI
L’esperienza di Francesco, la
ricerca spirituale, il desiderio di conoscere la volontà di Dio lo
avvicina a Gesù. Leggiamo nel suo Testamento: “Il Signore dette a me,
frate Francesco, d'incominciare a fare penitenza così: quando ero nei
peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore
stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E
allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in
dolcezza d'animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal
mondo.[...] E dopo che il Signore mi dette dei frati, nessuno mi
mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che
dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ed io la feci
scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la
confermò” (FF 110. 116).
Sintomatica nell’esperienza dell’Assisate
l’affermazione “nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare”. Quando
ripensiamo alla vita di un santo, influenzati spesso dallo stile degli
agiografi o dal fascino che il santo stesso promana, pensiamo sempre
alla sua relazione con il Padre come qualcosa di esaltante. In realtà
non è stato sempre così. Anche per Francesco il rapporto con Dio è
passato attraverso silenzi, “interferenze”, interpretazioni erronee...
Ci
sono stati episodi rivelativi, momenti speciali ed unici in cui Dio ha
fatto sentire la sua presenza ma sembra che anche questi abbiano
necessitato di lunghi tempi per essere “digeriti” e capiti.
Pensiamo alla “visione di Spoleto”:
«Un'altra
notte, mentre dorme, sente di nuovo una voce, che gli chiede premurosa
dove intenda recarsi. Francesco espone il suo proposito, e dice di
volersi recare in Puglia per combattere. Ma la voce insiste e gli
domanda chi ritiene possa essergli più utile, il servo o il padrone. "
Il padrone ", risponde Francesco. " E allora--riprende la voce--perché
cerchi il servo in luogo del padrone? ".
E Francesco: " Cosa vuoi
che io faccia, o Signore?". " Ritorna--gli risponde il Signore-- alla
tua terra natale, perché per opera mia si adempirà spiritualmente la
tua visione ". Ritornò senza indugio, fatto ormai modello di obbedienza
e trasformato col rinnegamento della sua volontà da Saulo in Paolo.
Quello venne gettato a terra e sotto i duri colpi disse parole soavi,
Francesco invece mutò le armi mondane in quelle spirituali, ed in luogo
della gloria militare ricevette una investitura divina. Così a
quanti--ed erano molti--si stupivano della sua letizia inconsueta,
rispondeva che sarebbe divenuto un gran principe» (FF 587);

al crocifisso di S. Damiano che gli parla:
«Un
giorno, passò accanto alla chiesa di San Damiano, quasi in rovina e
abbandonata da tutti. Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si
prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo
straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato.
Mentre egli è così profondamente commosso, all'improvviso--cosa da
sempre inaudita--l'immagine di Cristo crocifisso, dal dipinto gli
parla, movendo le labbra, " Francesco,--gli dice chiamandolo per nome
--va', ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina "» (FF 593).

Questi
avvenimenti ci parlano di una vicinanza di Dio ma non di una
semplificazione della ricerca. La domanda “Cosa vuoi che io faccia?”
rimane per tanto tempo drammaticamente senza risposta. E anche quando
gli pare di aver capito quello che veramente il Signore vuole da lui la
vita gli insinua sempre il dubbio. Sono i suoi frati a mettere in crisi
la sua intuizione tanto sofferta e non frati qualunque. Sono i dotti e
i sapienti che illuminati dai loro studi e dalla logica stringente
mettono Francesco in difficoltà.

«Molti frati di cultura,
accostarono il cardinale Ugolino, il futuro Gregorio IX, che a sua
volta partecipava all'assise capitolare. E gli chiesero che persuadesse
Francesco a seguire i consigli dei frati dotti e a lasciarsi qualche
volta guidare da loro. Facevano riferimento alle Regole di san
Benedetto, sant'Agostino e san Bernardo, che prescrivono questa e
quest'altra norma al fine di condurre una vita religiosa ben ordinata.
Udita
che ebbe Francesco l'esortazione del cardinale su tale argomento, lo
prese per mano e lo condusse davanti all'assemblea capitolare, dove
disse: " Fratelli, fratelli miei, Dio mi ha chiamato a camminare la via
della semplicità e me l'ha mostrata. Non voglio quindi che mi nominiate
altre Regole, né quella di sant'Agostino, né quella di san Bernardo o
di san Benedetto. Il Signore mi ha rivelato essere suo volere che io
fossi un pazzo nel mondo: questa è la scienza alla quale Dio vuole che
ci dedichiamo! » (FF 1673)

In quella che è la sua intuizione
Francesco non desiste. È ciò che l’Altissimo nel corso di tanti anni
gli ha fatto capire attraverso la preghiera, la vicinanza spirituale,
l’incontro con tanti uomini e donne.

Francesco fu umile e a
motivo di ciò anche obbediente. L’obbedienza è la “figlia primogenita”
dell’umiltà. L’Assisate fu un uomo obbediente (capace di “ascoltare da
sotto”), cosciente che ogni creatura (uomo, animale, elementi
naturali...) poteva essere una compagna e un’alleata nella ricerca
della volontà di Dio. Viveva nella stima e nella fiducia nei confronti
degli uomini e del creato. Leggiamo nelle Fonti Francescane:

"
Tra le altre grazie, l'Altissimo mi ha largito questa: obbedirei al
novizio entrato nell'Ordine oggi stesso, se fosse mio guardiano come si
trattasse del primo e più attempato dei fratelli. Invero, il suddito
non deve considerare nel prelato l'uomo bensì Colui per amore del quale
si sottomette a un uomo " (FF 1673).

«La santa obbedienza
confonde tutte le volontà corporali e carnali e ogni volontà propria, e
tiene il suo corpo mortificato per l'obbedienza allo spirito e per
l'obbedienza al proprio fratello; e allora l'uomo è suddito e
sottomesso a tutti gli uomini che sono nel mondo, e non soltanto ai
soli uomini, ma anche a tutte le bestie e alle fiere, così che possono
fare di lui quello che vogliono, per quanto sarà loro concesso
dall'alto del Signore» (FF 258).
Francesco non si sente superiore,
degno di ossequio agli occhi dei suoi frati e degli uomini ma fratello
tra fratelli. Per questo chiama frati e sore gli uomini, il sole, la
luna e gli elementi tutti del creato. Tutto è dono del padre celeste
per questo motivo tutto è buono e bello. Tutti possono insegnare
qualcosa anche “il novizio entrato nell’Ordine oggi stesso”. È
importante però vivere nella fede in profonda comunione col Padre. Solo
nell’ascolto dello Spirito, in sintonia con le sue mozioni è possibile
percepire i segnali che Dio mette lungo il nostro cammino. E questi
possono giungerci da chiunque.

Rimane in definitiva sempre alla
singola persona l’arduo compito di discernere ciò che viene da Dio da
ciò che viene dagli uomini. È fondamentale riaffermare sempre quello
che ci suggerisce la Scrittura, che “bisogna obbedire a Dio piuttosto
che agli uomini” (At 5,29). In questo difficile discernimento la
fatica, il dubbio, non vengono tolti (nemmeno a Gesù e Francesco). Solo
la presenza dello Spirito può guidarci alla sintonia con il volere del
Padre celeste.
nikola Francesco
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OBBEDIENZA Empty AMORE

Messaggio  eustochia Mer Mag 21, 2008 11:11 am

QUANDO L'AMORE E' MATERNO ,NULLA PUO' ESSERE SBAGLIATO. AMORE MATERNO E' QUELL'AMORE FATTO DI SGUARDI ,SENZA BISOGNO DI PAROLE, E' ASCOLTO,ANCHE QUANDO NON VUOI SENTIRE NULLA. E' GUIDARE ,ANCHE QUANDO NON HAI LA PATENTE. E' MUSICA ,ANCHE QUANDO NON SAI SUONARE NEMMENO UNO STRUMENTO. E' NAVIGARE ,ANCHE SE NON HAI LA BARCA. E' IMPAZZIRE ,ANCHE SE NON SEI PAZZO. VUOL DIRE PERDONO ,ANCHE SE SAI CHE HA SBAGLIATO. E' SORRIDERE ,ANCHE NELLE GRANDI CADUTE. E' ESISTO ,PERCHE' TU MI DAI LA VITA. AMORE MATERNO E' ,PARLARE UNA LINGUA CHE SOLO NOI CONOSCIAMO.................

eustochia

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